VIAGGIO NELLA COLLEZIONE
La collezione consente un itinerario significativo lungo l’arte del Novecento
I collezionisti, sollecitati dall’incontro con la loro assistente, guardarono alle poetiche emergenti, agli sviluppi dell’arte astratta e alle correnti artistiche che scuotevano la Milano di metà secolo
… uno dei pezzi più autorevoli della collezione è l’Achrome di Piero Manzoni, superficie bianca intrisa di caolino e grinzata
…la raccolta non trascura uno sguardo sul panorama internazionale
La connotazione composita della collezione, dovuta al pervenire casuale di opere da artisti in cura presso i Simonetti, a scelte di gusto e alla frequentazione dell’animato contesto culturale milanese del secondo dopoguerra, consente un itinerario significativo lungo l’arte del Novecento, in cui prevalgono gli scorci su linguaggi divulgatisi dalla metà del secolo, ma sono ben rappresentati anche orientamenti pittorici rilevanti del primo cinquantennio.
I Simonetti acquisirono dapprima opere di retaggio ottocentesco, dovute a personalità di rilievo come Angelo Dall’Oca Bianca, Donato Frisia, Emilio Gola, Carlo Prada, Aldo Raimondi, Paolo Sala, Francesco Sartorelli. Degli anni Venti sono i paesaggi del toscano Umberto Vittorini, trasferitosi a Milano sul finire del terzo decennio del XX secolo.
Al friulano Pietro Marussig, uno degli iniziatori del Gruppo Novecento (1922), che sotto la guida di Margherita Sarfatti promulgava il ritorno a disegno e forme tradizionali, la rivisitazione della cultura pittorica primitiva e rinascimentale, si devono opere caratterizzate da intimismo e cromie rigorose. Di Mario Sironi, tra i fondatori del sodalizio, la collezione custodisce soprattutto composizioni tarde, dalle quali emerge il culto per l’antico; un altro degli iniziatori, Achille Funi, è rappresentato da un dipinto tardo, Bimba coi fichi (fine anni Cinquanta). Arturo Tosi che aderì al gruppo nel 1924, Massimo Campigli, Virgilio Guidi e altri maestri che vi si accostarono negli anni Venti come Pompeo Borra, Cristoforo De Amicis, Raffaele De Grada, Luigi Filocamo, Umberto Lilloni sono presenti con lavori dei decenni successivi. Risale invece al 1929 i Gladiatori di De Chirico, una delle figure eccellenti che si avvicinò al movimento, di cui si conservano opere del quarto e sesto decennio del secolo.
Agli anni Trenta fanno capo importanti dipinti eseguiti con rapidità di tocco da Filippo De Pisis, lavori di Leonor Fini, una rara testimonianza degli esordi di Ennio Morlotti, legata al movimento milanese di Corrente (1934 -1943), contrario all’enfasi novecentista e ispirato da impressionismo ed espressionismo tedesco. Al periodo di Corrente risalgono Paesaggio di Giuseppe Migneco e alcuni dei dipinti di Fiorenzo Tomea, tra i pittori prediletti dai Simonetti e da Rosa Mazzolini, che proseguì poi con un proprio linguaggio figurativo.
Al movimento parteciparono altri artisti scelti dai collezionisti: Luigi Broggini, Dino Lanaro, Orfeo Tamburi, Aligi Sassu e Italo Valenti documentati da lavori eseguiti tra fine del quinto e inizio del sesto decennio del secolo, Bruno Cassinari e Renato Birolli, rappresentati da composizioni degli anni Cinquanta in cui volgono a schemi astratti. In particolare quest’ultimo fu legato al Fronte nuovo delle arti, chiusosi nel 1950 con la frattura tra realisti e astrattisti e al Gruppo degli Otto (1952-1954), con pittori cui i Simonetti si avvicinarono in anni differenti (Antonio Corpora, Ennio Morlotti, Giuseppe Santomaso, Giulio Turcato) e che dopo lo scioglimento del sodalizio procederanno in autonomia.
Il Chiarismo è senza dubbio tra i movimenti significativamente inquadrati nella raccolta: Umberto Lilloni, Francesco De Rocchi, Cristoforo De Amicis, Adriano Spilimbergo, stimolati dall’impressionismo francese e da italiani come Ottone Rosai, rivalutarono la pittura en plein air, il gusto per tinte chiare e forme costruite dalla luce. I soggetti, dalla pittura di paesaggio al ritratto, sono svolti con tonalità e linee non lontane da lavori di Pio Semeghini (esponente della Scuola di Burano) presenti nella raccolta.
Tra il 1946 e il 1957 entrarono in collezione opere di Ottone Rosai, ma anche due vedute di Carlo Carrà (1952) qualificate da tratti essenziali, paesaggi firmati da Arturo Tosi, Raffale De Grada, Giulio Falzoni, composizioni tra reale e immaginario di Gianfilippo Usellini. A Giorgio De Chirico, che ebbe come paziente, Giovanni Battista Ettore Simonetti commissionò le due tele sul tema della medicina antica aderenti alla fase barocca, ma fanno parte della collezione anche opere legate alla neometafisica (Piazza d’Italia, Le maschere); da Campigli, che pure fu in cura presso di lui, il medico collezionista ottenne peculiari e raffinate figure femminili, intrappolate in una dimensione atemporale.
Il sesto decennio del secolo vide un cambiamento radicale nelle scelte dei collezionisti, che sollecitati dall’incontro con la loro assistente, Rosa Mazzolini, si volsero alle poetiche emergenti, agli sviluppi dell’arte astratta e alle correnti artistiche che scuotevano la Milano di metà secolo, tanto che la collezione consente uno sguardo privilegiato sul clima culturale che si respirava nella città lombarda.
Incrementarono la raccolta negli anni Cinquanta opere di Virgilio Guidi (alcune riguardano un tema ricorrente, le Angosce), di Roberto Crippa, esponenti del Movimento Spaziale fondato da Lucio Fontana e appoggiato da artisti presenti nella collezione come Tancredi Parmeggiani e Emilio Scanavino (Prima luce, 1954), che volsero rapidamente all’informale.
Non venne trascurato Enrico Baj, tra i fautori del Manifesto tecnico della Pittura nucleare contro ogni formalismo e a favore di una materia dinamica espressa in iconografie suggestionate dall’esplosione dell’atomica; le finalità del movimento, tra il 1951 e il 1959, si evincono dai pezzi di Baj presenti in collezione, realizzati con la tecnica del dripping (1951) e con il ritorno alla pittura materica nella fase tarda (1956, 1957). L’attenzione per i nuclearisti è confermata da lavori di Guido Biasi, che nel 1957 fu anche tra i firmatari del Manifesto per una Pittura Organica.
Nel 1954 giunsero a Milano i fratelli Pomodoro che frequentando l’ambiente di Brera, conobbero Fontana, Baj e Scanavino; del rapporto di Giò coi Simonetti permangono tracce della seconda parte del decennio, ma anche dell’ammirazione per i Concetti spaziali di Lucio Fontana, che arricchirono la collezione tra 1956 e 1958, riconducibili alle serie delle Pietre, dei Gessi, degli Inchiostri dovute a modalità operative differenti.
L’affermazione dell’arte informale in Italia non mancò di interessare Giovan Battista Ettore Simonetti e oltre alle opere dei già citati Tancredi e Scanavino vanno segnalati nella raccolta lavori di Giulio Turcato, Antonio Corpora e Antonio Sanfilippo. Del tutto personale è il percorso di Giuseppe Capogrossi di cui vengono testimoniate la fase figurativa (Paesaggio, 1938) e quella avviata dopo la svolta astratta (1948), che lo porterà verso l’informale segnico, interpretato mediante un peculiare modulo “archetipo” suscettibile di infinite varianti.
Un filone della raccolta porta all’astrazione concreta di Giuseppe Ajmone, presente anche con figure di nudo femminile, e a quella di Annibale Biglione, partecipe del Movimento di Arte Concreta (1948) che incoraggiava l’arte non figurativa, privilegiando immagini forma-colore create dall’artista stesso. Aderirono al MAC anche due personalità le cui ricerche spaziali persegivano un tipo di astrattismo geometrico, connesso a ritmi musicali: Mario Nigro, testimoniato nella raccolta da lavori del 1955-1956, e Luigi Veronesi introdotto nella collezione grazie a Rosa Mazzolini.
Un’opera documenta la propensione materica “scultorea” di Agostino Bonalumi nel 1958, anno in cui espose con Castellani e Manzoni alla Galleria Pater di Milano. Il fine ultimo era l’azzeramento delle espressioni artistiche precedenti. Allo stesso anno e alla stessa poetica risale uno dei pezzi più autorevoli della collezione, l’Achrome di Piero Manzoni, superficie bianca intrisa di caolino e grinzata appartenente alla prestigiosa serie realizzata tra 1957 e 1963.
Pur nell’attenzione predominante riservata all’arte italiana, la raccolta non trascura uno sguardo sul panorama internazionale, contemplando pezzi di artisti stranieri figurativi (Henry D’Anty) e astratti (ad esempio André Bloc, Rafael Canogar, Sonia Delaunay, Jean Deyrolle). Per il secondo Novecento il numero delle opere raccolte permette di illustrare degnamente coloro che animavano l’ambiente culturale milanese: Renato Borsato, protagonista di una indagine autonoma nel contesto della tradizione figurativa, Giuseppe Banchieri, esponente del Realismo esistenziale come Tino Vaglieri, Mino Ceretti e Bepi Romagnoni, Antonio Recalcati che inseguiva la rappresentazione emblematica del reale in polemica con l’informale, Giangiacomo Spadari attivo a Milano dal 1961 e poi collaboratore di Paolo Baratella, autore di cicli pittorici ispirati dalla contemporaneità, noto ai collezionisti.
Non mancano testimonianze riguardanti l’astrattismo di Sandro Martini, di Renato Izzi giunto a Milano da Livorno nel 1968, l’attività di un altro livornese, Roberto Ercolini, prematuramente scomparso; l’attenzione è rivolta anche alla Mec Art (Mechanical Art) di Elio Mariani, che con particolari tecnologie rielaborava fotogrammi della quotidianità su tele fotosensibili. Tra le ultime acquisizioni, degli anni Settanta-Ottanta, sono da segnalare opere di Nino Crociani, Renato Alpegiani, Gino Meloni, influenzato dai maestri dell’informale.
Una sezione contenuta riguardante la grafica include disegni di Giuseppe Ajmone, Renato Borsato, Luigi Broggini, Carlo Carrà, Luigi Filocamo, Achille Funi, Mario Sironi, solo per elencarne alcuni.
La collezione conta ventisette sculture, tra cui oltre al Cristo sulla croce di Fontana, opere di Broggini, Raymond Georgein, Giò Pomodoro, lavori in metallo e terracotta di Amilcare Rambelli.